120 312 nel 1930), quindi la carne fresca e la segala (in media un milione di q.li, in diminuzione per valore dal 5% nel 1927 all’1,4% nel 1930). Tutti questi prodotti nel 1930 abbracciavano il 70,3 per cento delle esportazioni ungheresi. Ricordiamo ancora che, tra le altre merci, in aumento appare l’esportazione di tessuti di seta artificiale (da 2,3 milioni nel 1929 a 9,9 nel 1930) e di burro (da 2,4 milioni nel 1929 a 5,5 nel 1930), in diminuzione quella di orzo, lana, legumi. Vengono esportati (verso la Francia) in media circa 2000 q.li di fegato d’oca ed anche 20 mila q.li di pesce. Oltre che per il grano anche per molti altri prodotti agricoli l’Ungheria deve lottare con temibili concorrenti, così per la paprica con la Spagna, per i fagioli col Giappone e col Cile. Grande influenza hanno anche le tariffe doganali: basterà ricordare che una nuova tassa posta all’importazione di fagioli negli Stati Uniti ha fatto diminuire l’esportazione verso questo stato da 67 mila q.li nel 1929 a 4 mila nel 1930. Nel complesso il 59,4 delle esportazioni consta di materie prime, l’8,l di prodotti semilavorati, il 32,5 di prodotti lavorati. I maggiori paesi importatori, oltre ai quattro paesi confinanti: Cecoslovacchia (21,4% nel 1930), Austria (11,8), Romania (9%) e Jugoslavia (5,1), sono la Germania (21), l’Italia (4,9) e gli Stati Uniti (4,7), cui seguono la Polonia (3,6), l’Inghilterra (3), la Francia (2,7), l’Olanda (2,4) e la Svizzera (2,3). La Cecoslovacchia vende tessuti di cotone, carbone coke, legno da lavoro e da ardere, carta, tessuti di lana,