— gì — stessa con la tolleranza, per quelle d’oro, di 58 millesimi di grammo. Le monete d’argento dovevano essere accettate alle pubbliche casse e da queste emesse secondo il valore ad esse attribuito ; i privati avevano 1’ obbligo di accettarle allo stesso valore. Tutte le monete d’oro e d’argento che non erano menzionate nella tariffa, come anche le monete cl’oro di non giusto peso, e cosi pure le monete d’oro e d’argento tosate, o logorate, o danneggiate nell’impronta in modo che non fossero riconoscibili, non venivano accettate come monete, ma acquistate come paste dalle imperiali regie zecche e dagli uffici di concambio dell’ oro e dell’argento a norma delle relative prescrizioni. Furono tolte così dalla circolazione tutte le monete locali (non comprese la lira veneta e di Milano) che durante il Governo italico continuarono ad aver corso legale nei rispettivi Dipartimenti e Distretti (‘). La lira veneta e di Milano, pertanto, continuarono ad aver corso legale, ragguagliate : Lira veneta a lire correnti austiiache (1823)0.5881 Lira di Milano a lire correnti austriache (1823) 0.8822 e perciò: lira corrente austriaca (1823) a lire venete 1.7003 ed a lire di Milano 1.13 3 5. La monetazione del Regno Lombardo-Veneto cessò col 1° Novembre 1858. Con tale data ebbe inizio la nuova monetazione a « valuta austriaca * di tutto l’impero Austro-Ungarico e Provincie soggette. Non per questo cessò il conio della moneta spicciola in rame con la leggenda : Regno Lombardo- Veneto. (1) Continuarono ad aver corso, specialmente nella Lombardia, le pezze (di conio anteriore al 1827) in argento eroso-misto da 8 e 4 soldi di Piemonte, valutate a lire corr. ausi. 0.46 e 0.23.