strare quanto fosse invece la libertà parigina decrepita e meretrice, non essendo che di formule armata e di violenza, narra con espressione cocente di sentimento un caso da lui stesso osservato alle porte delle « Tuileries », quando «un povero non sudicio nelle vesti che moveva per entrare in que’ regali giardini per riposarsi ad un sedile di pietra, fu respinto da un milite cittadino (non un soldato del re) con piglio impetuoso come uomo oltraggiato e potente » e che gli gridò : « Signore, non s’entra ». Le considerazioni ch’egli trae da questo semplice fatto e pur significativo per tanta superbia, che negava ad un cittadino estenuato di fame e redento dall’antica tirannide, un po’ di pace e d’ombra, in nome d una nuova libertà per la quale quel povero stesso o i suoi avevano forse versato del sangue, rifiggono nell’animo il ricordo del-l’ingiustizie passate, presagio dell’avvenire, segno evidente dell’ iniquità sociale, « per cui tutti, re o soggetti, l’uno all’altro tirannide, ingannatori e ingannati ». Possibile redenzione da una libertà così mentitrice al Nostro non par effettuabile sino a quando non sorgeranno le nuove credenze che della libertà non faranno formule, suoni, fantasie e passioni, ma faranno secondo quella ispirata dalla sapienza cri- - 92