ch’egli inferiva agli avversari, agli uomini tutti, non sarebbe stato inutile o crudele ma salutare. A’ suoi Studi filosofici egli fa precedere tale dedica : « Offro non senza trepidazione questi studi non a’ provetti della scienza nè a’ giudici acremente severi, ma ai giovani che ne traggano occasione a nuove idee, a nuovi affetti ». Vuol egli significare che i suoi studi non soffocano nell’ambito chiuso della teoria, ma che si prestano come un limite fecondo all’intelligenza dei giovani, onde possano trarne indizi sempre nuovi di bene. Dà in pari tempo una frecciata ai « provetti della scienza », uomini che par voglia figurarli congegnati meccanicamente : tutti a ruote, ingranaggi, assi cardanici, dal ritmo costante perfetto, ma brusco ad interrompersi, quando l’organismo loro, matematico e convenzionale, va a cozzare contro la realtà accidentata di questo misero mondo ; misero sopratutto se non si conosce il suo vero segreto : l’affetto. Ai giudici acremente severi, egli talvolta severo, acre e severo talvolta insieme, non parebbe adatto a muover rimostranze, se non intendesse qui riferirsi all’uffizio del critico che deve mirare non a limitare i diritti del genio ma a « indovinarne le mosse, a rilevarne i secreti ». Una critica ispira- — 51 —