massimo assoluto passava però alla più mite relatività, conseguenza delle apprensioni sensorie dell’uomo, torrente vario e limpido che ne inondava l’anima. La virtù della stirpe vedeva pertanto affermarsi come per un fenomeno estetico, avendo essa a fattore predominante nelle sue manifestazioni, il sentimento, che generava l’opera d’arte e insieme l’opera scientifica mercè un mirabile assoggettamento dell’ intelletto al cuore. Non altrimenti furono artisti così i nostri poeti, e poeti 1 nostri filosofi e scienziati : dal Campanella, dal Bruno al Vico, da Machiavelli al Redi, da Galileo a Cesare Beccaria, ai Verri. Da qui la sua predicazione perla « Bellezza » di cui intuiva la nativa concordia col vero, e che in un vincolo d’amore compendiava le facoltà umane nell’unità dello spirito. Preso da questo senso di passività illuminata per cui le leggi universali a lui suonavano con trombe d’argento, rendendolo e poeta e filosofo, egli si faceva a sanzionare per gl’ Italiani il codice di verità che aveva ispirato il Vico, Sant’ Agostino, Dante e Michelangelo. Bandito ogni principio metafisico dell’astrazione che scomponeva le idee anziché formarle, egli predicava la sommissione al particolare, la cui feconda vitalità proveniva tutta da’ suoi rapporti generali. Ne derivava quell’unità tigli effetti -22-