ad un giocolino di fanciulli barbati. L’urbanità vera non doveva essere che quella dell’uomo utile a sè e agli altri, cioè dell’uomo occupato che non vuole nè può perdersi nelle futilità. Ecco perchè nelle « Società fiorentissime di cultura, di ricchezza e di gloria, nella loro lingua il vocabolo complimento non avrebbe potuto essere tradotto, perchè que’ buoni uomini non ne avevano l’idea ». Uomo della natura, il Nostro, disdegnava l’affettazione mondana come una maschera sotto cui si cela il cinismo umano che vuol sottrarsi ai veri obblighi sociali con manifestazioni di assenso tutte esteriori. Perciò l’urbanità deve per lui consistere non solo nel rispetto degli altrui diritti, ma nel soddisfacimento dei desideri altrui, e non potendolo sempre, almeno non opporvisi di colpo. Gentilezza così più logica e più proficua, perchè i piaceri ci sarebbero resi più facilmente, e perennemente conservataci la stima di tutti. Il codice dell’urbanità porta così, in complemento a quello dell’ « amare », il dovere dell’amabilità, che distingue la gentilezza dall’inezia e conferisce al commercio sociale il senso della propria dignità. Dignità che si avvilisce troppo spesso negli artifizi stucchevoli e nella frivolezza delle conversazioni mondane, generando quella noia, figlia legittima — 86 —