le puoi tutte abbracciare, e puoi leggere in esse più altamente e più chiaramente. Fanne un lavoro d’arte serena: il concetto l’hai; ed è bello e fecondo: Vixere jortes multi(i) ecc., ma lo vorrei spogliato d’ogni passione di partito, la quale rimpicciolisce e intorbida l’arte; fai conto di avere, non i contemporanei, ma i posteri innanzi a te. In quel lavoro vorrei ci fosse la parsimonia di Dante, l’eleganza di Virgilio, ma soprattutto vorrei ci fosse l’epica semplicità d’Omero. » La esortazione resta senza effetto. E il Pratesi ritorna col pensiero al Diario e lo consiglia di pubblicarlo quale era. Questo primo suggerimento e cosi e-spresso in una lettera da Viterbo del 20 Maggio 1874: «...Il Maraini (2), Direttore del Diritto, (l) Sono i rem oraziani che PAbba «vevs posto come epigrafe sul frontespizio del suo Arrigo: Vixrri foriti...miti, iti omtut Ulatrjtaakilti urgntmr, igpoliqm Unga muti, tarmi qwa ratt tatr». (1) Clemente Marami, lugancsc. aveva diretto il Dirillo a Firenze c aveva poi trasferito il giornale a Roma con la Capitale. Tra i primi aveva apprezzato il giovane Pratesi, gli aveva [77]