Lo sviluppo della Rumenia 265 aspirare nè ad una indipendenza nè ad unirsi ai loro fratelli d’oltre Danubio. E credo che quando su pei giornali si parla di questa tendenza, ci sia più che altro, in coloro che la pongono innanzi, il disegno di complicare ancora più, se possibile, la questione e nuocere agli interessi di questa parte della popolazione macedone. In Rumenia si ha un criterio giusto e chiaro della questione. Nessuno pensa ad annessioni di cui si vede chiara la impossibilità, ma tutti sono concordi nel ritenere che il Governo non possa disinteressarsi di queste popolazioni e debba far convergere gli sforzi per assicurar loro, nell’attuale stato di cose, •— e se è destinato che per ora non muti — una vita più tollerabile, e nel tempo stesso per stringere vieppiù i legami, i vincoli di fratellanza che ad esse li uniscono. La Rumenia in questi ultimi anni, grazie ad alcuni uomini di Stato di primissimo ordine i quali seppero coordinare tutte le forze vitali della Nazione, e grazie sopratutto al suo Re che, avendo sempre avuta inconcussa la fede nell’avvenire del suo popolo, seppe stimolare tutte le energie e indirizzarle ad un unico fine, è arrivata ad un grado di sviluppo morale ed economico sorprendente. Basterebbe la creazione del nuovo porto di Gostanza, la cui importanza fu intraveduta fin da molti anni fa dalla fine intuizione del Re, per mostrare la vitalità economica del giovane Regno, e la genialità degli uomini di Stato che ne hanno avuto in mano le sorti. Con quel porto di Costanza, la Rumenia si è assicurato un comodo ed importante sbocco nel Mar Nero, e ha creato, si può dire di punto in bianco, il suo commercio marittimo. Di più, ha