36 II. - l.V SERBIA celebrato nella Cattedrale, e vedere così, appena giunto, tutto il mondo ufficiale di Belgrado. Belgrado aveva quella mattina aspetto festante. Moltissime le bandiere alle finestre, e molta la gente per le strade che andò affollandosi sempre più vèrso le dieoi, aspettando il passaggio dei Sovrani che, per recarsi alla chiesa, hanno dovuto attraversare quasi tutta la città. Da una sola parte della strada, dal Palazzo fino alla chiesa, erano schierate le truppe delle varie armi per rendere gli onori. I Sovrani si sono recati alla chiesa in una carrozza di gala scortata da un drappello della guardia reale. Il Re vestiva l’uniforme di generale, con la tunica rossa e il berretto d’astrakan col pennacchio bianco come nei ritratti che sono stati molte volte riprodotti dai giornali. Sua Maestà la Regina vestiva un abito di broccato rosso con una lunga stola bianca ricamata, secondo un antico costume delle mogli dei reali serbi, copiato da alcuni antichissimi ritratti che si conservano nei conventi. Nel tempio, quando il Re e la Regina entrarono e andarono a prendere posto a destra dell’altare, tutti i membri del Corpo diplomatico, in uniforme, erano al loro posto, dall’altra parte dell’altare, di fronte ai Sovrani. E tra le uniformi gallonate, spiccava il rosso dei fez, — pare che l’etichetta consenta ai Turchi di rimanere a capo coperto anche nelle chiese ortodosse, — dei tre addetti alla Legazione Ottomana, col loro Ministro. Assistevano indifferenti a quella proclamazione del Regno Serbo, che segnò una nuova tappa nella storia della emancipazione dei popoli cristiani della Penisola Balcanica dal giogo ottomano: non solo.... ma, trovandosi per combinazione, in assenza del tedesco, il Ministro turco ad essere il decano del