326 XI. - l’italia e la questione d’oriente produttive: e che, come allora, sono oggi gli elementi i quali appoggiano e incoraggiano il Governo in una politica inconsulta. Vorrei che ci si ingannasse. Ma tutti sentiamo, pur troppo, che se oggi dovesse riunirsi un Congresso Europeo per risolvere la questione orientale, si ripeterebbe a nostro danno tutto ciò che avvenne nel 1878. Tutte le analogie alle quali ho accennato, sono tali da far temere realmente una seconda Tunisi nell’Adriatico ! L’Europa da un pezzo in qua ha una grande tendenza ad accettare il fatto compiuto! Non le pai-vero di chiudere, non importa in che modo, una questione quando v’è il pericolo di una conflagrazione generale. Se domani, per sciagurata ipotesi, l’equilibrio della Penisola Balcanica dovesse essere turbato a nostro danno d’accordo tra l’Austria e la Russia, noi ci troveremmo isolati in Europa, malgrado tutte le nostre alleanze e le nostre amicizie, e costretti come per Tunisi a subire il danno e la vergogna. Noi non siamo abbastanza forti per imporci — e non possiamo contare sull’aiuto di alcuno ! Non su quello della Germania, malgrado sia la nostra grande alleata, perchè. essa considera l’Austria come la sua avanguardia ed è la tradizionale politica di Berlino che spinge sempre più l’Austria verso Oriente: non la Francia la quale non avendo interessi diretti è completamente paralizzata dalla sua alleata la Russia di cui segue ciecamente le orme. L’Inghilterra sarebbe la sola Potenza i cui interessi in Oriente collimano coi nostri, in questo senso che essa non può assistere indifferente a questa marcia del Pangermanismo nella Penisola Balcanica. Già i suoi prodotti, sostituiti dall’industria tedesca, sono stati quasi com-