L’organizzazione feudale in Albania Ho avuto occasione di vedere il giorno, stesso — subito dopo la partenza della Commissione — Hilmi pascià, il quale pur prevedendo — e le sue parole me lo han lasciato capire chiaramente -— che avrebbe dovuto finire per spiegare un’azione energica, non credeva certo che le cose dovessero precipitare in modo tale da obbligarlo, tre giorni dopo, a ricorrere al cannone onde disperdere gli Albanesi intorno a Mitro vitza. — Non bisogna credere — mi diceva — che tutti, proprio tutti gli Albanesi sieno dei briganti, o tanto meno che sieno mossi dal fanatismo religioso. La mia convinzione è che si tratti di poche migliaia, forse due o tre in tutto, i quali impongono agli altri la loro volontà. V’è in Albania una organizzazione feudale, per cui la massa non osa ribellarsi ai capi. Ma io ricevo continuamente dai miei sottoposti dei rapporti dai quali appare come moltissimi sieno i paesi nei quali le riforme sarebbero accettate, dove tutti sono pronti a fare atto di sottomissione — ma non osano ribellarsi ai loro capi. Del resto oggi, mentre vi parlo, tranne a Jacovo, a Ipek e in qualche altro posto, dove realmente si sono riuniti in numero considerevole e con disposizioni tutt’ altro che concilianti, in tutto il resto dell’Albania regna la calma. In ogni modo — aggiunse a guisa di conclusione — oramai tutti i tentativi per vedere se era possibile addivenire ad un accordo sono esauriti, e se non vorranno sottomettersi come tutti gli altri, sono deciso a prendere anche contro gli Albanesi tutte le misure più energiche che saranno necessarie, perchè è ferma, assoluta volontà del Sultano che non vi sia un palmo di terra della Turchia Europea nel quale le riforme non siano applicate.