— 80 — ressi, che, trattandosi di un’isola, si faceva sentire più forte; poi l’alto grado di civiltà, che Roma prima e poi Venezia avevano dato e davano continuamente all’elemento indigeno di fronte all’ignoranza degli Slavi, metteva l’elemento stesso in uno stato di grande autorità cui corrispondeva sottomissione; per di più non c’era chi fomentasse l’odio fra le due stirpi per abbattere una di esse, ciò che invece doveva essere la causa di fiere ed aspre lotte sotto il governo austriaco. È naturale che questi cambiamenti nella composizione etnica della popolazione non poterono non influire sulle condizioni linguistiche dell’isola. Infatti, da una parte, l’insediarsi nell’isola del nuovo elemento, lo slavo, dall’altra, l’influsso costante, sempre più profondo che Venezia, per un complesso di rapporti politici, economici e colturali, esercitava su di essa, premevano sempre più sul « dalmatico », che perciò, a pòco a poco, andava scomparendo. Non è possibile determinare, fuorché per Veglia e Ragusa, quando questo dialetto romanico si sia spento anche negli altri centri latini della Dalmazia. Jirecek (1) ritiene che il « dalmatico » sia scomparso, fuorché a Veglia e a Ragusa, nella seconda metà del seco- lo XIV, mentre afferma che nei secoli precedenti esso viveva ancora; e lo provano i cambiamenti di vocale subiti dai nomi slavi di luogo e di persona, così la vocale « a » per lo slavo « o », la « oa» per « ovo ». Appena dopo il 1330 va scomparendo questo dialetto romanico quando ormai erano subentrati notevoli cambiamenti nella composizione etnica della popolazione. Il fatto poi che a Trieste, a Ragusa, a Veglia e a Mug-gia i dialetti neolatini abbiano potuto mantenersi fino al XIX secolo è spiegato dalle particolari condizioni politiche in cui si trovarono queste città rispetto a Venezia. Poiché, mentre le altre ville marittime dell’Adriatico erano già da tempo passate sotto il dominio di Venezia e quindi sempre pili profondo ne sentivano l’influsso, questo non era avvenuto invece per le altre, le quali così poterono conservare (1) Ind. bibl. N. 35.