— 86 — Ma quale prova maggiore di quella dataci dal popolo stesso, a Cherso, con le gravi agitazioni che accompagnarono il suo distacco da Venezia? E quale prova maggiore di quella offertaci dalla tenace ed infrangibile resistenza opposta dairelemento italico nel triste periodo storico che ne seguì? Infatti, caduta la Repubblica, in seguito al trattato di Campoformido (17 ott. 1797) l’isola di Cherso passava all’Austria, rimanendo però sempre unita alla Dalmazia e dipendente da Zara. Negli otto anni e più di governo, quanto fu fatto, si ridusse al riconoscimento della Superiorità di Cherso, dalla quale, secondo l’Editto della formale organizzazione delle isole del Carnaro, dovevano riconoscere la loro dipendenza, in materia criminale e pubblico-politica, Ossero e i due Lussini; subito dopo, l’Austria, sconfitta a Caldiero e ad Austerliz, doveva, in base alla pace di Presburgo (26 città madre. I resti delle mura venete, costruite nel sec. 16° a difesa contro gli Uscocchi, sono visibili ancora oggi in diverse parti della città, con l’antico Torrione, in parte ricostruito, posto alla periferia dell’abitato, nel suo vertice di N-O. Bene conservate sono le due porte che conducono, l’una da N e l’altra da O nel Prato: la prima, chiamata « Marcella », con le iniziali del conte e capitano Giovanni Marcello (1588) e con gli stemmi di Marcello e del doge Pasquale Cicogna (1585-1595); la seconda chiamata « Bragadina » (1581), con gli stemmi di Ponte e Grimani. La loggia e la torre dell’orologio, con l’alato leone di San Marco, senza le quali nessuna città veneta è perfetta, provano in modo migliore il suo carattere; a proposito del Leone giova ricordare che esso fu salvato, da sicura distruzione, dal popolo stesso, il quale prevedendo ciò, aveva preferito gettarlo in mare nella speranza che un giorno ne avrebbe potuto esser tratto fuori. Difatti ciò si compì più tardi, pur sotto il dominio straniero, quando cioè esso fu ritolto dal mare, riparato a Venezia e poi messo, in una nicchia, sulla Torre dell’orologio. Ossero appare ancora oggi tutta circondata dalle antiche mura venete, con i due leoni di S. Marco, che a suo tempo murati sulle scomparse due porte della città: quella cioè di terraferma (verso Cherso) e quella della marina, che guardava la Cavanella, oggi sono conservati sulla facciata di due case, nelle vicinanze del loro posto primitivo. L’antico castelliere di Lubenizze mostra ancora oggi gli avanzi delle mura venete e le rovine della vecchia chiesa parrocchiale di S.ta Maria; e così sparsi nelle campagne o nelle vicinanze dei piccoli centri abitati, si incontrano frequenti i ruderi, gli avanzi di antiche chiesette, conventi e romitaggi, prove tutte inconfutabili del profondo ed ormai, possiamo dire, indistruttibile influsso esercitato dalla Repubblica Veneta sull’isola.