26 mia mente, mi fanno spesso ricordare il bellissimo discorso che ho udito a Venezia nel 1877 all’ Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, quando finito il Liceo, ardenti di patrio entusiasmo, in pochi amici rinchiusi in collegio per più giorni brigammo il permesso di assistervi. Parlava nientemeno che il bravo e ili. prof. C. A. Combi con quella competenza che tutti gli riconoscevano, con quel nobile sentimento di chi ha 1’ anima grande e generosa, e le aberrazioni o degli studiosi o dei governanti scruta con malinconico accento di amarezza, più che di invettiva. Ricordo ancora la voce dignitosa con cui pronunciava queste amare parole : « Mentre la mia provincia nativa (/’ istriana), italiana quanto ogni altra, si trova non solo disgiunta politicamente dalla sua nazione, ma ancora — non spiaccia la franca parola — mal conosciuta da essa, se non anche dimenticata e talora perfino sconfessata, non mi riesce di far tacere nell’ animo il sentimento di un altro obligo, la coscienza di un’ altra professione (oltre la propria pro-fcssion? giuridica), il vivo desiderio di adoperarmi, quanto è da me, perchè quell’ estrema nostra regione sia rivendicata almeno agli studi nostri. » E accennando a quel fatale disinteressamento da parte degli Italiani per ciò che riguarda l’Istria, diceva : « A me, che, naturalmente mi trovo spesso condotto a parlare del mio paese nativo, accade assai volte di udire, dagli stessi uomini colti, errori incredibili intorno ad esso. Nè questi si dicono soltanto, ma si stampano anche, con una sicurezza meravigliosa, quasi fosse questione di qualche terra perduta nella vastità dei mari, della quale si possa narrare quanto meglio piaccia, con nessuno o assai piccolo rischio di essere smentiti. E non è molto che avendo io tamente fu tradotto a preferenza di altri autori, perchè è uno degli scrittori più imparziali parlando dell’Italia, il che non è poca cosa ora che 1’ imparzialità in scienza diventa cosi problematica.