33o Quando ad es. un Alberto Puschi di Trieste, che è nelle sue questioni scientifiche uno storico, misuri o non misuri i crani che può scavare, è un valore tale, bisogna gli s’inchini ognuno : perchè la coltura storica del Puschi è scienza non meno profonda dell’ antropometria. Quando un Ascoli fa da critico glottologo, v’ è luce nelle sue deduzioni, anche se sempre non raggiunga la meta. Ma se davvero gli storiografi seguono ciecamente i linguisti e i filologi, e questi troppo divorzio fanno dal cumulo di vittorie ottenute dalle ricerche scientifiche, e gli archeologi si ostinano a dogmatici, « chiudendo gli occhi a tuttociò che avviene intorno a loro e fissano le loro conclusioni sulle basi d’ una civiltà detta aria o indo-europea », ha ragione il Sergi di insorgere contro i molti errori che ne sono nati « in cui la mente umana o per inerzia o per fede, che ne è la conseguenza, si adagia immobile, come sulle verità acquisite, solo pronta ad insorgere per respingere ogni tentativo ed ogni sforzo che tendano a sollevare il dubbio su ciò che sembra stabilito come realtà assoluta. » Ma il Sergi è un dotto onesto e coscienzioso : a far trionfare la sua tesi non sdegnò le forze degli avversarii concomitanti alle proprie : e allo storico e alla linguistica domandò armi trovandone di pronte in suo vantaggio. Per ciò 1’ ultimo suo libro in tale ordine di idee « Gli Arii in Europa e in Asia » mi tolse molti dubbi rimastimi dal suo precedente, quasi quasi convertendomi alla sua fede. Questo si che posso dire : le conclusioni del Sergi vengano o no accettate, non infirmano la tesi nazionale dell’ etnicità dell’ Istria, tesi che ci è troppo cara per non tenerla sott’ occhio, quantunque, come più volte ho protestata, per amore ad essa non sacrificherei la verità. E quando ho sentito in Istria che il libro del Sergi (si parlava del penultimo che trattava bene, ma imperfettamente la questione) uccideva il sentimento nazionale degli