5io toccato il porto, quando mi vedo d’improvviso un ufficiale austriaco ritto in piedi accanto al mio cannone, il quale, l’ho capito subito, mi aveva spiato. — Ti porco taliano, aver pianto per nostra vittoria. — Nossignore. — Ti aver occhi rossi. — E la polvere del cannone che me li ha accecati. — Grida : Viva nostro imperatore. — Sono di Buje : ho servito l’imperatore perchè ho giurato, ma non ho giurato di gridare l’iva o morte a nessuno. — Porco taliano, grida viva ! — Non occorre. Allora mi ebbi un potente ceffone da farmi cieco dall’ ira : ho avuto uno scatto di belva ; ma poi come un lampo ho pensato alle conseguenze. Giurai in mio cuore di seguire il mascalzone e vendicarmi, ma volevo preparare la vendetta e ad un tempo la mia impunità. Ci saremmo un dì trovati a terra ! Invece non ho più saputo niente di quel boja. Sulle prime fui fatto certo che era stato imbarcato in altra nave e mandato in oriente ; poi, l’ira mi era già sbollita, decisi di non occuparmi più di lui. Mi bastava del resto la coscienza di aver fatto per parte mia il possibile perchè fosse issata la bandiera di resa. Allora sì l’avremmo vista bella con quel cane dallo schiaffo ! E se si fosse calati a fondo glielo dico io che mi sarei bene abbrancato ai suoi piedi ! Si fece fra noi un doloroso silenzio ! Oh, la verità, la verità ! Doveva risultare al tribunale di guerra ? non sarebbe forse, ravvolta di gramaglia, come Cappellini intorno alla propria bandiera, colata a fondo in quei vortici nefasti ? Salvore - Il Capit. Rosso - Pirano. Volevo vedere Salvore, colla sua lingua di terra, con 1’ umile chiesetta di S. Giovanni dalla lapide gloriosa, collo splendido faro. Quella lapide ricorda la memoranda battaglia navale tra Venezia e la flotta del Barbarossa (navi genovesi e pisane, pur troppo !) e la strepitosa vittoria di Venezia colla cattura di Ottone figlio del Barbarossa. Tale battaglia fu messa in dubbio, ma la tradizione è suffragata ancora da tali documenti da non poter legittimare quel dubbio. Gli scrittori tedeschi naturalmente la negano : ma la lapide sulla facciata della Chiesa, le tele illustri dipinte nel Palazzo Ducale a Venezia, le asserzioni di scrittori in verso e in prosa con ricchezza di particolari, sono tutte cose da rigettare con leggerezza ? Si può vantare una vittoria, ma la s’inventerebbe fino alla cattura del figlio dell’ imperatore ? Il Romanin nella sua storia documentata di Venezia (IV, 5) non si adatta a tale negazione, tanto più ove si pensi che senza dubbi riporta la vittoria nella sua cronaca il Doge Andrea Dandolo, storico esatto e scrupoloso, venerato e consultato ancor oggi per la sua sincerità nel narrar di cose patrie.