389 mana, il Puschi credette giustamente che sarebbe stata incompleta se non vi si fosse aggiunta la Carsia e quella parte delle Giulie che formavano il suo limite a Est, e già limite dell’ agro giurisdizionale della colonia di Tergeste, in tuendo bene quanta romanità si poteva additare, oltre la già nota, in tale ampia zona. Qui lascio la parola all’esimio professore perchè i miei lettori veggano le gravi difficoltà in tal genere di studii. « M’accinsi al lavoro e dopo aver fatto ripetute indagini nell’Istria montana, rintracciato le strade che da questa scendevano al Quieto, percorso per intero quelle del monte Maggiore, esaminati i castellieri ed annotati tutti i luoghi, ove ancora si veggono o furono scoperte rovine romane, mi diedi a seguire le vestigia delle vie, che dal piano di Aquileia conducevano ai valichi delle Giulie. Arrivato alle falde di queste, la mia attenzione si volse al vallo, onde tentai di vederlo e possibilmente di rilevarlo. La ricerca delle strade e delle antiche stazioni della Carsia, mercè 1’ assistenza di abili guide, m’ era in gran parte riuscita. Non ebbi invece eguale fortuna col vallo, che tocccai in vari punti ; ma non potei diligentemente seguire causa le difficoltà del terreno, coperto da fitte boscaglie, quasi impenetrabili, ove la vista non spazia, ed ove la vegetazione vi nasconde gelosa gli avanzi dell’ opera umana ed ai vostri passi tende insidie senza numero. Nè queste difficoltà si possono superare colla costanza ; chè distanti essendo i luoghi abitati e mancando affatto le capanne ed i tuguri, voi vi vedete costretti a far presto per lo appunto colà, donde la fretta dovrebbe esser bandita, e dove le ricerche dovrebbero procedere lente e continue e ripetute ad ogni passo ; avvegnaché gli abeti, quasi a vostro dispetto, prosperano più rigogliosi sulle antiche muraglie e cogli arbusti formando strettissima siepe, le sottraggono al vostro occhio. Gli stessi boscaiuoli, che per lunga pratica, conoscono ogni sito, non sanno additare se non singoli pezzi del vallo, da loro scoperto quando estirpando qualche albero, con le radici videro comparire alla luce calcinacci, pietre tagliate e laterizi. Per chi è ignaro della lingua o meglio del dialetto da loro parlato, le domande sono infruttuose, ed il più vivo desiderio deve venire abbandonato. M’ accorsi allora che lavoro ben diverso occorreva per esplorare il vallo, e che il medesimo non poteva effettuarsi da una persona sola ; ma che considerevole ne sarebbe stata la spesa, non bastando di rilevare ciò che era noto ; sì bene essendo necessario di rintracciarne la parte sconosciuta, che è forse la maggiore. Per la qual cosa mi accontentai di prender cognizione di quanto mi fu fatto di vedere, e procurai di segnarlo nella giusta posizione sulla carta militare. Ripetei negli anni seguenti le mie escursioni e colla scorta Prof. Silvestri — L’Istria 44