3Ó£ Claudio domata 1’ Istria, domò il forte ligure, che non intendeva, come conveniva ormai fin d’ allora non essere più italici, ma italiani auspice il genio latino. Avevano piegato al fato novello gli Etruschi, gli Euganei, ormai fatti tut-t’uno coi veneti, onde l’occhio di Roma si fece più attento all’ oriente dell’ alta Italia, che all’ occidente. Il pericolo permanente era là in quel Friuli orientale, in quell’ Istria non tanto per il popolo, quanto per i valichi cui esso popolo da solo non avrebbe potuto guardare. Ma il genio di Roma ebbe sempre nella difesa del suo territorio un grande accorgimento, e cioè: per difendere un punto portare molto al di là di esso le proprie difese. Quando vide che tutte le Alpi italiche occidentali, centrali e orientali erano in possesso di nemici oggi innocui, domani pericolosi, sempre inopportuni, li combattè tutti, volle per se tutti i varchi e li volle difesi con permanenti legioni. Non basta : portò valli e trincee, fortilizii e castelli assai al di là di essi, come si può oggi molto bene vedere per 1’ Istria, specie dopo i lavori eruditi e interessantissimi del Puschi, su uno dei quali, 1’ ultimo, intratterrò ben presto i miei lettori. Aquileja sorse rapidamente, primo monito ai barbari, e importante base d’ operazione contro l’Istria considerata del tutto regione italiana etnicamente e geograficamente, e stimata indispensabile militarmente a formare 1’ augusto corpo della nuova nazione. Ma per quanto Aquileja divenisse « Emula a Roma una città superba » non sarebbe stata sufficiente alla difesa dell’ oriente italiano senza 1’ occupazione dei valichi delle Giulie, e questi alla loro volta non parevano difesi abbastanza senza non distendere molto al di là di essi muri e valli fortificati. Ma gli Istriani presagivano il pericolo per la loro in-