2 q6 “ Io non sono uno scienziato, non sono uu paleoetnologo ; non lo sono assolutamente. Delle scienze io ne so appena quanto occorre per non averne pretesa. — Però la coscienza del mio scarso sapere non mi rende pusillo, nè mi ha tolto mai il senso del mio dovere. Quindi sono ben lontano dal negare o nascondere cose che possano comunque giovare e in generale alla scienza, e in particolare alla storia del mio paese, che amo tanto. E a dimostrarle co’ fatti la mia franchezza e insieme il vivo mio desiderio di stringere rapporti con Lei che mostrasi così addentro nei nuovi studii, le esporrò candidamente non solo le mie qualunque scoperte, ma ad un tempo anche la via per la quale vi sono arrivato. “ Il rinvenimento affatto accidentale di una importante lapida romana seguito or sono molti anni in Albona mia terra natale, m’invogliò alla ricerca di cose antiche, prima nell’agro Albonese, poi anche in altre parti della provincia. Fatto attento dalle dotte elucubrazioni archeologiche del D.r Pietro Kandler, vidi che 1’ Istria tutta fu all’ epoca della dominazione romana coperta da una rete di fortilizii e vedette poste su per le tante sue alture a guardarne il confine alpino, i porti, le cittadi, le vie, ad avvisare pericoli, a propagare notizie. Ma visitato poi partitamente un rilevante numero di coteste rovine negli agri di Albona, Cherso, Volosca, Pisinci, Pola, Dignano, Rovjgno e Parenzo, vidi o mi parve di vedere, che non tutte sono cosa romana, che in alcune anzi nulla v’ha di propriamente romano o d’altro popolo che possa dirsi civile, che in altre sotto lo strato romano v’ è qualche cosa di ben più antico, di assai più antico, di quasi ciclopico, a non dir primitivo ; vidi, o mi parve di vedere, in parecchie di esse le ultime orme di un popolo antichissimo, povero di bisogni e di mezzi, rozzo, selvaggio, che non aveva 1’ uso del metallo, che viveva, pare, all’ aperto e si trin-cierava in piccoli gruppi o tribù sulle cime delle montagne, di preferenza sulle più alte. “ Nata in me questa idea, non visitai più rovina montana senza portarne a casa qualche segno materiale. Così ho fatto su, quasi senza accorgermi, una buona messe di manichi, di fondi, di labri, di altri frammenti di vasi assai grossolani, e due vascoli intieri, ed altri cocci male impastati, non cotti al fuoco o mal cotti, misti o d’ argilla biancastra, o di terra rossa locale, di sabbia, e d’ abbruciaticcio, e insieme alcuni pezzi di pietra levigati, arrotondati, quasi parti od avanzi di piccole molle a mano, poi qualche osso anche fesso, e qualche altra pietra ridotta a forme un po’ regolari ; finalmente mi capitò fra le mani una piccola ascia o scure di pietra nera durissima, lavorata con giustezza di proporzioni. Tutto questo prima del 1859. “ Trasferitomi altrove, raccomandai la raccolta comprendente qualche saggio di breccia ossifera, buona copia di petrificati, alghe, conchiglie, monete romane e venete, mobili antichi, pergamene ed altri cimelii, raccomandai, dico, ad un mio carissimo parente ed amico, il signor Antonio Scampicchio, che accolse tutto e conservò con gelosissima cura in casa sua.