373 Quando gli Istriani seppero che anche il secondo Console era giunto con un nuovo e più grosso esercito, si dispersero per le loro città. Anziché approfittarne i Romani condussero le legioni a svernare in Aquileja. Finito il verno la guerra fu ripresa, e i consoli Marco Giunio ed Aulo Manlio temendo giustamente 1’ arrivo del nuovo console che a loro avrebbe tolto il merito finale della guerra, vollero farla finita con una campagna rapida e attiva. Arrivarono a chiudere l’esercito avversario comandato dal Re Epulo entro Nesazio, la forte capitale dell’ Istria. Ma erano salde le mura contro le stesse macchine guerresche, arieti e catapulte, e più ancora le difendeva il disperato eroismo degli Istriani punto illusi sulla sorte che li aspettava. Quand’ ecco giungere come un frenetico il nuovo console Cajo Claudio vagheggiante il trionfo della conquista. Si può pensare facilmente l’ira dei due consoli che si tenevano in pugno la città, colla presa della quale capivano si sarebbe finita la guerra ! Ma la disciplina militare e le leggi di Roma erano così severe, che conveniva obbedire. Mandati a casa e sciolto il vecchio esercito non meno corrucciato pel perduto bottino, Cajo Claudio dispose le sue due legioni attorno alla città giuocando però ai poveri Istriani un barbaro tiro. Scorreva ai piedi dell’ altura dove s’ ergeva la città un fiumicello che si scaricava nel golfo di Badò ; da quello attingevano gli Istriani 1’ acqua per sé e per gli animali. Fortificato il castelliere dalla natura e dalle costruzioni dei Nesaziesi, finché durava quell’ acqua non perdevano la speranza di qualche colpo di fortuna. Ma una mattina i prodi difensori della cittadella come per incantesimo vedono scomparire 1’ acqua. Cajo Claudio aveva fatto deviare il fiume. Tito Livio reca una parola assai espressiva per qualificare 1’ impressione avuta dagli Istriani da un tale fatto : « Monstrum » prodigio : il fenomeno, cioè, era stato Prof. Silvestri — L’Istria 42