nità e nelle razionali e, sia pure, civili e giuridiche conquiste mediante la nobiltà di una oculata, dignitosa, energica azione diplomatica lasciando proprio per ultimo 1’ e-stremo rimedio di riparare una vera offesa nemica con tutti quei mezzi materiali che 1’ onore e la compagine stessa di una nazione esigano. Il 19 Aprile 1879 un diplomatico ungherese da Pest mandava al Paulo Fambri una notevolissima lettera che riguarda la questione del nostro confine nell’ avvenire, con riflessioni sulla Venezia Giulia e sull’ Italia in relazione alla penisola balcanica. Tale documento che Ruggero Bonghi disse preziosissimo e fecondo di riflessioni, data dunque da 22 anni : lo sottopongo all’ acume dei miei lettori integro, perchè oggi che avranno seguito in questi ultimi tempi i movimenti de’popoli balcanici, veggano come 22 anni dopo conservi tutta la freschezza di vedute, e ancora, una grande possibilità di attuazione. Dopo riprodotto senza commenti un tale documento verrò senz’ altro alla conclusione. LETTERA D’ UN UNGHERESE A PAULO FAMBRI SULLA VENEZIA GIULIA E SUL BALICAN NELLE RELAZIONI TRA AUSTRIA ED ITALIA ..... Avete torto* voi e i vostri connazionali, quando desiderate la rovina dell’Austria. Ben sapete quanto io ami l’Italia, io che mi onoro di aver combattuto per la nobilissima causa della sua indipendenza.... Ma ciò non mi accorcia la vista nel considerare i vostri interessi in relazione a quelli del vostro vicino di oriente. Forse anzi, il vivo affetto che porto alla vostra nazione me la rischiara ed allarga, essendo anche di ciò capace il cuore. Lasciate dunque che vi dica, coll’intimo convincimento di dir giusto, che l’impero austro ungarico non può essere più quello di una volta, per quanto pure gl’incorreggibili uomini del passato nella Corte di Vienna e nel partito militare tentino di negarlo, stoltamente desiderosi di scongiurare la grande trasformazione a cui già si è volto quello Stato e dee volgersi indeclinabilmente sempre più, se non vuole soccombere. Rite-