— 130 — sposava il mare il giorno dell’ Ascensione, era uno schiavo cui era proibito ricevere chicchessia senza permesso. Non gli rimase più che un diritto, quello di nominare il primicerio ed i canonici di San Marco. Ma al Consiglio, ch’era il sovrano reale, erano ascritti tutti i nobili giunti all’età di 25 anni ed altri trenta di 21 tratti a sorte. Tutti, pur cominciando le loro concioni in idioma italiano, dovevano terminarle in vernacolo veneziano. Dal grembo del Consiglio uscivano il Senato, la Signoria, i Savi, il Tribunale dei, dieci, i Procuratori di San Marco e gli Avogadori del Comune : tutte insomma le cariche amministrative dello Stato. Il Consìglio stipulava alleanze, dichiarava guerre, concludeva paci, vigilava il commercio, proteggeva le industrie, favoriva le belle arti e reggeva lo Stato, che giunse a comporsi del dogado (che comprendeva Venezia, le isole di San Giorgio, Sant’Elena, Sant’Erasmo, i lidi di Malamocco e Pellestrina, di Ghioggia, San Michele, Murano, Mazzorbo, Torcetto, Mestre e Marghera), e dei domini di terra ferma, cioè il Padovano, il Polesine, il Veronese, il Vicentino, il Bresciano, il Bergamasco, il Gremasco, la Marca Trevigiana, la Patria del Friuli e PIstria. Fuori d’Italia facevano parte del dominio il ducato di Dalmazia, Y Albania marittima, parte dell' Arcipelago, Cipro, Candía, la Morea e le isole Ionie. La grandezza veneta toccò l’apice nella seconda metà del secolo XIY. Sette convogli di navi veneziane salpavano allora annualmente per la Romania (che è la Macedonia d’oggi), la Tana (che è il mar d’Azof), Cipro, Trebisonda, V Armenia, l’Egitto ed, infine, per 1’occidente europeo (Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra e Fiandra). Le navi mercantili erano 3,300 e 36,000 i marinari che le equipaggiavano. E Venezia, affinchè le sue derrate sfuggissero alla rapacità dei signorotti dell’interno e dei loro scherani, esercitava per mare e sui fiumi la massima parte del suo traffico, tenendo in ogni luogo d’approdo