— 123 — naie, le Indie, Giava, Sumatra, Madagascar, VAbissinia e VEgitto. E, quando nel 1324 rese l’anima a Dio, i Veneziani unanimi riconobbero di aver perduto il loro migliore cittadino. Marco Polo, cui non era sfuggita l’osservazione che i popoli orientali prediligono tutto ciò che luccica ed è molto colorito, aveva tra le altre cose consigliato i Veneziani a mandare in Oriente conterie, vetri soffiati e gemme imitate col vetro. Tutti gli oggetti muranesi e veneziani vi trovarono facile smercio. In Cina i mandarini (così si chiamano colà gli ufficiali pubblici) i quali si conti-addistinguono per un bottone che varia di colore secondo il rango, furono tributari a Venezia delle insegne del loro grado. Venezia e Murano si diedero all’industria della imitazione delle gemme; e siccome queste in latino diconsi marga-ritae, così margaritari furono detti gli artefici: poi il nome di margaritine rimase alle conterie veneziane, che anche oggi si denominano così. L’opera degli uomini, per quanto savia, non è sempre duratura. Oltrepassato il 1600, altri popoli si diedero alla lavorazione dei vetri, e la concorrenza dell 'Inghilterra, della Francia e della Boemia nocque ai nobili vetrai di Murano. Nel 1797 nell’isola benemerita v’ erano nondimeno 50 vetrerie aperte, 14 per margarite e perle, 4 per specchi, 3 per oggetti di fantasia, 21 per vetri da finestre e 8 per roba ordinaria. Venezia, a vicenda schiava di Austria, Francia, ed Austria ancora sino al 1866, smarrì 1’ antico primato. Nel 1836 una dozzina di fabbriche erano sole superstiti. Rifulge oggi su Venezia il sole dell’indipendenza. Venezia e Murano contano 55 fabbriche e 160 banchi da perlaio. L’industria è in pieno sviluppo. Veramente i muranesi non godono più di alcun privilegio, ma nemmeno s’imprigionano i loro congiunti, se emigrano ; nè si manda un sicario a trucidare chi lascia la terra nativa per cercare altrove lavoro e guadagno.