- 15 - Come nell’ordine fisico una corrente alternata di calore e di frescura si stabilisce tra il mare e la terra, così nell’ordine economico se ne stabilisce un’altra di materie grezze e di materie trasformate mercè le industrie. Il tramite di questo lavoro incessante è la nave; il luogo di scambio il porto. Il frutto dello scambio è il guadagno; il guadagno accumulato esuberante ai bisogni è il pubblico risparmio, che accresce la ricchezza nazionale. Il movimento commerciale marittimo è tale che, nell’anno 1896, si imbarcarono e sbarcarono 14,494,690 tonnellate di merci, che valevano 1,413,000,000 di lire; lungo la frontiera terrestre il valore dello scambio raggiunse 1,011,000,000 di lire. Infine 300,000 passeggeri sbarcarono o presero imbarco nei nostri porti. Il traffico marittimo, che aumenta ogni giorno, ha chiuso per sempre l’era delle carestie, terrore degli avi nostri. Noi abbiamo bisogno ogni anno di circa 80,000 tonnellate di frumento estero e di 180,000 di formentone, che dai luoghi d’origine giungono ai nostri porti in meno di un mese. Ovunque la nave può ancorare e sbarcare un carico di grano, la pallida fame si allontana. Lo Stato, riconoscendo 1’ influenza economica che il mare esercita sull’Italia, migliora continuamente le condizioni dei luoghi di approdo, moltiplica gli attrezzi ed i meccanismi richiesti per accelerare il lavoro, ed accoglie nei nostri porti le navi nostrali e forastiere pareggiandole nei diritti e nei doveri. Ogni italiano, dal Re sino al più umile cittadino, sente ed intende che l’avvenire economico della patria riposa in gran parte sul mare. Padre amorevole e generoso, il mare dona agli uomini cibi sani, il principale condimento d’ogni vivanda e molte materie, che, tratte dal suo grembo, vengono dall’industria in mille guise trasformate. Dall’orlatura delle coste nazionali scende al disotto del livello del mare il fondo, che forma come una scarpa.