— 51 — la matanza. Nulla si perde del tonno. I grossi pezzi carnosi dopo una prima bollitura si pongono sott’ olio, oppure si salano semplicemente crudi. Le uova delle femmine si salano e poscia si fanno prosciugare : in commercio vanno sotto il nome di bottarghe. I lombi si salano ed affumicano : si vendono nelle botteghe dei salumai sotto il nome di mosciami. Le teste, le interiora, lo scheletro ed il sangue copiosissimo si mettono a bollire in grosse caldaie. La cottura sprigiona l’olio contenuto nei tessuti ed esso viene a galla. Ciò, che rimane, si pone sotto agli strettoi; se ne trae un olio secondario; infine, il residuo delle caldaie si muta in eccellente concime per i campi. La campagna dell’anno 1896 rese agli esercenti le tonnare 1,760,000 lire. Le sarde e le acciughe si mettono in salamoia diretta-mente a bordo delle navi pescherecce; invece le sarde, che si preparano nelle scatole, chiedono il sussidio di un opificio a terra, corredato di macchine. Anche dalle teste e dagli intestini delle sarde si ricava olio e materia adatta a concimare le terre. Lungo le rive dell’Adriatico, nella regione chiamata Valli di Comacchio, fiorisce l’industria della concia delle anguille. Esse vi sono molto grasse. Tagliate a pezzi (e questi infilati in certi spiedi) si espongono al fuoco. Quando hanno raggiunto un certo grado di cottura e di salatura, si chiudono in barili annaffiandole d’aceto caldo aromatizzato con foglie d’alloro e grani di pepe. I pesci magri possono avere la concia speciale detta marinatura. Verso Rimini, Senigallia e La Cattolica si marinano, cioè si serbano nell’ aceto, le sogliole, le triglie ed i naselli fritti. Per dare maggior sapore a questa conserva, si mescolano alla marinatura spicchi d’aglio; foglie di rosmarino e coriandoli. A Taranto, dove fiorisce l’industria della coltivazione dei mitili, questi (spogliati della doppia conchiglia) dopo una cottura sommaria, sono rinchiusi in vasi pieni di salsa agrodolce. L’industria