L’IMPERATRICE DEI BALCANI Seguirom di giustizia le norme, Dei grand’avi le patrie virtù. (Il canto si perde in lontananza. Stanko rimasto solo davanti la tenda guarda il corteo funebre che va verso Zabliaco). STANKO (solo) Qui nè pace sperar, nè sicurezza Ornai non posso. Tutto a danno mio, Tutto cospira: gli uomini, la terra, E gli elementi; ma di lor più forte La coscienza mia, che ognor tremenda Assassino mi grida. Appena giunto A Zabliaco il corteo, qual fiamma ardente Ecco sorgere Ivano e insiem con esso I cittadini, e qui piombar bramosi Di farmi a brani sul stillante e ancora Caldo sangue del conte, e sulle traccie Dell’esecrato mio misfatto. E sia, Vengan pure, li attendo, e capitale Pena pronunci sull’iniqua fronte Del reo“suo figlio inesorato il padre. Ma obliare poss’io vilmente i Turchi ? Dei Balcani il dominio? il regio serto? (fa il segno di croce). Vanne lungi da me, va maledetto Dèmone, e tanto che all’orecchio mio La velenosa tua voce non giunga; Fermo già son di non unirmi ai Turchi Del profeta seguace. Ai tribunali Della mia patria spetta il santo dritto Di giudicarmi; e quando il suo perdono