L’IMPERATRICE DEI BALCANI AGÀ Ed arabe puledre, e tali, o prence, Che vincono nel voi la rondinella. Quando n’inforca l’Arabo l’arcione, Sempre leggiero, come fulmin ratto Ti si toglie allo sguardo, e le più eccelse Vette guadagna. STANKO Ma la fè v’è ottusa. AGÀ Ella forti ne fa sempre sui campi Ove più rugge l’omicida grido Della battaglia; ell’è pura siccome Il pensiero d’iddio. Regna per essa La fraterna concordia, e promettendo Di delizie infinite un’altra vita, Corre ognun a morir senza riserbo. E dolce, dolce Tesser turco, e duoimi Che tu noi sia. Sugger potessi il mele Della nostra credenza, ed il buon cuore, Prence, provar del Padiscià ! Potessi Di Stambullo veder le mille aurate Cupole, e i snelli minaretti ; all’alba E sul far della sera udir da quelli Il Muezzin, che alla preghiera invita ! Cosa è Zabliàco al paragon ? Che cosa È di Ponàri la chiesuola angusta? Mettere a paro si può mai la Zeta — 66 —