ATTO II M’è sacro, Marta mia, tutto m’è sacro, Inviolabile quel che gli appartiene, E non consento che vivente alcuno Si quereli de’ suoi. MARTA Nè farlo io voglio. Oh quanto, amica mia, questo t’onora Santo desir, che ogni più vecchia avanza Montenegrina nobiltà. Ma cessa Di piangere, ten prego, e dimmi: è molto Che pel Tessalo suolo e per l’Epiro Mosse il principe Stanko? DANIZZA O Marta mia, Sono trecento e sette dì, che, lassa! Sospirando la via guardo di Cumo. Da un Calogèro al padre mio frequenti Vengon novelle, ch’ei però mi cela Gelosamente; e il vecchio Sire Ivano Va propalando, è voce almen, che a Dibra Sanguinosa ebbe luogo una battaglia, Ove perir non pochi nostri, e gli altri Col prence Stanko gemono prigioni. MARTA E il vostro amore è noto, dimmi, al Conte? DANIZZA Chi l’ignora a Zabliaco? - 103 -