AL LETTORE In queste adiacenze si combatterono, a traverso i secoli, le più fiere pugne per l’indipendenza montenegrina, che è quanto dire per l’indipendenza del popolo serbo. Lì, sopra un brullo altipiano, è il campo di battaglia di Fundina, ove nel 1878 caddero in una giornata campale ben ottocento montenegrini e più di cinquemila turchi. Ora i nomi delle località, che ricorrono spesso nel dramma, bastano da soli ad evocare tutto un mondo di gloriosi ricordi nella fantasia delle popolazioni slave, soggette all’Austria e alla Turchia, le quali continuano a vedere nel Montenegro l’Ararat jugoslavo, una specie di santuario della propria indipendenza, così fieramente avversata dalla diplomazia europea. Tutto ciò dà, naturalmente, alla Czarina de' Balcani, oltre al merito intrinseco, anche un interesse politico. Ma vi è qualche cosa di più. Un principe regnante, che cerca d’inculcare a’ suoi sudditi col proprio esempio l’amore alle lettere, è senza dubbio una bella cosa; ma quando questo principe, nel suo fervore democratico, giunge ad affermare, come il principe Nikita, che “ i principi di sangue nascono come tutti gli altri mortali, e che è vero principe soltanto colui, il quale sa, mentre un inclito cretino è inutile e alla dinastia e al paese; „ <>) quando un principe regnante, diciamo, giunge a scrivere tali cose, sanzionando per tal modo le semplici eppur ardite teorie sociali di un Max Nordau, allora questo principe è veramente degno di reggere le sorti, come cantò Lord Tennyson, di un popolo invincibile. Re Leonida, co’ suoi trecento Spartani, morendo alle Termopili, vinceva la più bella delle battaglie ; ma re Leonida con trecento montenegrini avrebbe fatto di più; egli avrebbe salvato la patria dall’invasione straniera e l’avrebbe tramandata ai posteri libera ed incolume, come la libera e gloriosa patria di Niccolò I, principe del Montenegro i1) La Czar ina de* Balcani, atto I, scena II.