L’IMPERATRICE DEI BALCANI Te, senz’altro mandar con mille e mille Eletti paraninfi. I tuoi timori Pe’ discendenti miei tacciano intanto L’antico detto rivolgendo in mente : Non va lunge a cader dal fusto il pomo. STANKO E Giorgio, allor, senza ritardo, anch’io Questa gentile impalmerò donzella. GIORGIO Che cara mi sarà come se uscita Fosse dal seno di colei, che al giorno Diede, Stanko, noi due. STANKO Parto contento, Che la fraterna tua dolce parola Mi fia compagna nel cammin da queste Fulgidissime stelle illuminato: (mette a Danizza le mani sugli occhi) Pria di lasciarmi ove il dover mi chiama Vo’ l’augusta baciar destra del padre. GIORGIO A’ piè dell’ara or ora a lungo il vidi Per te pregar. Ma di parlarti ancora Egli, credo, desia. Da mille gravi Pensier turbata è, Stanko mio, quell’alma, E di troppo gli pesa il separarsi Da’ suoi diletti. — 74 -