ATTO II Non un detto di più, principe Stanko. È così che tu m’ami ? E tanto or ponno L’idee su te di nobiltà, di stirpi ? Musulmana vuoi farmi, e là condurmi, Onde ogni male senza fin ci viene ? Non più, Stanko, non più. Co’ Turchi tuoi A te, senza esitar, lascio di cuore L’ambito trono dei Balcàni, e giuro Di non "piegar giammai le mie ginocchia Di quel falso profeta ai piè dell’ara. STANKO M’arde il fiero desìo della corona L’anima, il cuore, ed or così potente Mi folgora nel sen, ch’ogni altro affetto In me si tace. Oltre ogni dire è bello, E divino il regnar; sentirsi dire Imperador degli Ortodossi. In cambio Della cara tua mano una corona T’offro, l’accetta e il mio desir seconda. DANIZZA Meglio un’onda di sangue in queste roccie, Che di laggiùso la corona infranta Da quella mano, onde ti vien promesso Dei Balcani il poter. Che vale il serto Dall’estrano donato ? E chi lo porta Vilipeso non è, meritamente ? Da quel mare di sangue, in cui sommersa Fu di Lazzaro re, martire santo, — M3 —