L’IMPERATRICE DEI BALCANI D’Ivano il nostro amato Sire, e a quella Di Giorgio erede del paterno soglio, E di Stanko suo figlio eroico duce; E detto questo, la canzon che sempre Desta vive memorie al Serbo intuono. Prence, ascolta: dal dì che sull’incude Abile fabbro tempera le spade, E si fondono mazze, e galoppando Vanno i cavalli a sollevar nei campi Nubi di polve; da quel dì che i prodi, Nulla curando della vita, arditi Fan prove di valor con altri prodi, Nessun, nessuno consumò più orrendo E misfatto più vii del maledetto Brancovich Vuco, che a Cossòvo il suo Sire tradì passando al campo osmano. STANKO (piano). E terribile l’inno (a f°rte) O buon vegliardo, Smetti, chè vecchia è la canzon di Vuco. GUSLARO Nè senza neve c’è tempo rio, Nè v’ha malore Certo peggiore Di quello, quando uno dei nati Dal grembo ¡stesso, nel patrio ostello Al suo nemico vende il fratello Per il vilissimo d’oro desìo. Male a chi il popolo, — gì —