LIBRO OTTAVO. 469 gn0 di Ferdinando , potettero in gravi, e ilrane rifolutioni ac- 1630 cordarli. S’ abborriva l’Elettionc da’ Proteilanti, e dal Saflò-ne particolarmente, fdegnato per 1’Editto de’beni Ecclefia- ”•» m,nt ilici. Gli ilelH Cattolici deiìdcravano rimoiTe le velÌationi del £ m'"' fridlandt, e moderata l’autorità, eia potenza di Cefare ilei-fo. Il Bavaro fopra ogn’altro, ancorché da Ferdinando ricO- injurten-ì nofceife il fuo Voto, tenendo come più potente, anco mag- ^il giori apprenfioni, efprirneva più liberamente i fùokfenfi , incitato contra il Fridlandt da gravi difgulli, e contra gl Au- rtu 1 ilriaci fomentato da fegretilìima Lega con la Francia contrat- menu ctilt-li . Dunqur fattofi Capo, & Autore delle comuni querele dell’Imperio, prima negava di procedere all’EIettione di Rè cjn npu* de’ Romani, non eifendo la Dieta per ciò convocata : poi s’ efprirneva, TSLon ejfer decoro del Collegio Elettorale, rifolvere ,n4tìoni-sì grave negotio, cinto d armi, e d armati. Gemere ì Imperio jotto la fiera ferviti) del alfiaìn, che tutto confondeva tra lo fpavento de Principi, e l'affliti ioni de "Popoli. A ebe fervire più tanti EfercUi nella Pace dell' Imperio , che di Mi-nifi ri alle crudeltà di quel fierìffimo Capo? Egli nell efecutio» ni fevtro, rìgido nel comandi, nell’ efanioni avidiffimo , confutare il fangue dell Alemagna, eflorquer l oro delle Provincie. Donafje in fine Ferdinando tregua a dolori della. Patria comune ; e conia pietà fu a, qua(t con feparatione più forte, che quella del fuoco, dìftinguejje boramai in quel metallo, sì iniquamente iftratto dalle vifeere de Vuff al li, e sì inutilmente p 'ofufo, le lagrime, e il fangue di tanti innocenti. Con bor-rore convenire propalarlo ; appreffo i popoli della Germania , per altro dotati di fini ([ima fede, render fi a quefì bora più odio fa la tolleranza di Cefare, ebe la crudeltà del Min/flro . 1 fofpirì di tanti oppreffi, i gemiti trafeurati e (¡ere in fine per crollare l Imperio j perche giunti al C.ielo, ancorché creduti leggieri vapori, fi convertono ne' più pefanti cafligbi di fulmini, e di tempefie. Dunque dover boramai rallentar fi così duro filagello, deponerfi l armi, al Valflaìn levar fi 7 comando, ¿Z<\v,nti-e poi con animi quieti, e jenfì liberi proceder fi all Elettionc m,nt‘ d*sli di 7(è de Romani. Così egli pubicamente efprirneva , e lo al*fr,E,mcm fecondavano gli altri $ ma in privato dava grandi, e lìcure fpcranze , che, reilando contenti, farebbero tutti nell’ elettio- fJV. f'°' tì. ISLam T» 1. Gg 3 nc