L’IMPERATRICE DEI BALCANI MARTA Esser potrebbe Un inganno ciò tutto, ed una fola Non altro ancor la prigionia di Stanko. DANIZZA (piangendo) La lontananza, ohimè! che ne divide, E non permette che a lui giunga il suono De’ miei lunghi lamenti; il procaccino Che d’uno scritto suo non mi fa lieta, Il furor di Murat, che senza posa Conquista il mondo, e l’atterrisce, ahi! desta Tal nello spirto mio fiero tumulto, Che 'tremo tutta, e sento alfin perduta Ogni speranza nel destino. O quali Veggo fantasmi fin che splende il giorno, Quali dormendo! Ahi, prigioniero è Stanko! No, pel mio mal non v’ha salute! O Marta, Sol di pene è per me ricca la sorte! (piange). STANKO (ancora nascosto, piano) Un tiranno son io lasciando, ingrato, Che più langua quel fior. (Danizza, asciugandosi gli occhi, a Stanko, che però non vede). STANKO (lietamente) Danizza ! DANIZZA Ah! — T04 — ;i avvicina