ATTO II Sulle tue guance mi spaura ! Dove Sono le rose, onde fiorìa sì bello L’angelico tuo volto? Ove la vita? Il dolce riso e l’ineffabil grazia Che di cielo sapea? Perchè non schiudi Gli occhi, fanciulla mia? Guarda tuo padre. Che a te dinanzi di dolor si strugge. Non giacermi così, rizzati; al collo Del genitor, che con desìo ti chiama, Stendi le braccia, e al palpitante seno, Com’eri usata, anima mia, lo stringi. Privo di te, che far poss’io, Danizza, Dell’inutile vita? Or via, la mano, La tua candida man porgimi, e vinci, Per l’amor che mi porti, il grave affanno Che t’opprime. Su, su Pietro, Vittore, Solleciti accorrete, e con acconcia Fascia frenando l’abbondante sangue Che le trabocca dal percosso collo, La ferita chiudete. Indi alla casa, Casa deserta ormai d’ogni conforto, O fidi miei, la trasportate, ed io Le vostre orme seguendo a tardi passi, Trascinerò le affievolite membra. (due soldati sollevano Danizza). DANIZZA Più lentamente.... ohimè.... mi soffocate. (la depongono). O padre mio, tu qui!.... Ti rassicura; — 159 -