L’IMPERATRICE DEI BALCANI Che sua figlia Danizza, or ora, o prence, Nell’acque si gettò della Moraccia. GIORGIO Giovinetta infelice! Era destino Ch’esser non debba a me cognata. Amore Ha potuto in quel sen più che la patria. (al cap. Cialetta) I beg ed i bassà condur t’affretta, O capitano, al genitor Giovanni, Dell’esercito tutto i grati sensi A lui fedel manifestando, e digli Che i suoi prodi guerrieri in ogni incontro Si giovaro de’ suoi savi consigli. (ai pascià) Ascoltate, bassà: sulla mia tenda La vittoria posò sue splendid’ale ; Non pertanto il valor vostro sul campo Di battaglia rifulse ; ed io per questo Segni non vo’ di prigionia su voi. Riprendete le spade; e sì v’adorni L’ornamento più bel dei cavalieri. (si rendono le spade ai pascià, che partono accompagnati dal cap. Cialetta). GIORGIO (ai capitani ed all’armata) Ed ora, le ginocchia a terra inchine, L’inno di grazie al ciel leviam devoti: Onnipotente Iddio, che l’universo Tutto governi, e difensor ti mostri Della giustizia, che sarem noi privi - io« —