L’IMPERATRICE DEI BALCANI Mia figlia, unica mia ! Che mai t’avvenne? o di’, che mai t’avvenne, Fanciulla mia? Donde venisti, o sole Del tuo misero padre, ohimè, già spento ? Lasso ! lo so. La velenosa serpe Dal mio cuore ti svelse ed alla casa. L’infame! Ma perchè nel petto mio Il traditore acciar non ha voluto Nasconder tutto, e risparmiar la figlia? No, inulto non andrà, (va per inseguire Stanko) (si ferma vinto dal dolore) Lasso! SOn Vecchio, E il mio vigor m’abbandonò. Degli anni Chi pietoso mi toma al verde aprile, Alla viril mia forza antica, ond’io Lo scellerato, seguitando, afferri, E la vendetta mia nel reo suo sangue Implacabile esulti? Oh, il mio passato! Ora l’aquila stanca al focolare Della casa natia l’ale raccolga. E deserta passar tutta la vita D’ogni bene dovrò? Ben crudelmente Mi colpisce il destin ! Figli, fratelli Più, misero, non ho, chè combattendo Da valorosi su diversi campi Di battaglia perir; la mia diletta Elena è morta, e l’unica speranza Della mia vita desolata.... Ed ora Che far, che fare, onnipotente Iddio! Oh, dell’anima mia parte più cara, Chè non mi parli? Ohimè, il pallor diffuso — 158 —