ATTO I Gliela concede, e senza indugio vuole Che l’esercito mova. A condottiero Delle sue schiere egli t’elesse. STANKO Il vero, Conte, il vero favelli? O fausto annunzio.... Ed a te salve che mel rechi. Or sono Appien felice. Pel cammin di Croja? Gli era ben tempo, ah sì! gli era ben tempo Si sapesse da ognun ch’un mentecatto, Un disutil non son, come si pensa In questa corte. E quanti vuol soldati Fidarmi il padre mio? DEANO Molti mi credo. Ma egli di certo a te verrà. Frattanto Le schiere io corro ad allestir, che pronte Al giunger suo le trovi il Sire. (Parte. Entra Ivan-beg. Stanko badando-gli la mano). STANKO Oh padre! Quanto grato ti son che m’hai voluto Dell’esercito tuo far condottiero. Era il vivo desìo della bollente Mia gioventù, da che l’invitto prode Castriotta guerreggia. IVANO Al coltivato — 51 -