ATTO I Mentre dicono a noi, semplici in vero, Tutto quanto teniamo è vostro ancora, Altro non fan che divorarne il nostro (infilza la carta come la prima). GIORGIO Non è punto così, chè tutti, o Stanko, Credimi, tutti di Ragusa i figli Sono serbi fratelli. A noi decoro E la nobil città. Con cento vele, Ricca solcando i più lontani mari, Ovunque aggiunge colla prora, il nome Porta de’ Serbi con onor. Là dove Intuona il marinar serbe canzoni Tende l’orecchio desioso ognuno, E in lieto immerso alto piacere applaude. STANKO Giurano falsamente, e falsamente Misuran sempre questi a noi fratelli Di rito Occidental. Roma, la fede.... Orribile vorago in cui caduta E ormai la nostra fratellanza, o Giorgio. GIORGIO Tien per te questo avviso; io non l’accetto; E ognun che pensa, come fai, si asconda, Che vanisca da noi sì triste idea. Ama Ragusa il Montenero, ed esso D’affetto egual ne la ricambia. O Stanko, — 39 —