ATTO II Ivi cieca ristetti infin che il vecchio Conte Deano a me si fece, e presa La mia destra, sciamò : vieni, Danizza, Di là la luce, la giustizia, e il regno Della beata eternità. MARTA Fuggiamo, Ratto, amica, fuggiam pria che ritorno Faccia la belva che Deano uccise L’ala tarpando al Montenero. Stanko, Rinnegato malvagio, or farsi vuole Carnefice, e sgozzar quanto respira Tra queste roccie, sì che un fido asilo All’anelata libertà non resti. DANIZZA Cessa, o Marta ; il tuo dir degno non parmi Di te, che vanti l’intelletto sano. MARTA Alla patria nemico, al suo buon padre, E a lei che infante lo nutrì, calpesta Pubblicamente ogni più santa cosa. Di Cristo traditor, della sua fede E della patria ad ogni cuor diletta, Il sangue or ora di Deano sparso.... DANIZZA Sei fuor di senno. - >33 -