ATTO II Veder Danizza, ahi misera, Che lo domanda ed ama.... I duri ceppi infransero Le tempre del tuo cor, Stanko? Gli è ben terribile D’un carcere l’orror ! Ahi! Muratte, dannato d'inferno, L’ira piombi su te dell’Eterno. MARTA Gli occhi di pianto non bagnar, Danizza, Nè consumarti di cordoglio; ascolta: A mia madre sen venne, ora fa l’anno, Una donna di Coto, un’erbajuola Che di malìe sapendo e talismani, Di conoscer dicea medica un’erba Colla quale a toccar solo le porte D’una prigion, di sùbito si schiude, E nuovamente il prigioniero al raggio Della beata libertà ritorna. Dall’occulto poter l’eccelsa pianta Cerchiam, Danizza, e a te, mel dice il core, Il tuo Stanko verrà. Su via cerchiamo. DANIZZA E, se venisse, per un odio antico Verso la madre mia, d’esser tenuta Degna in santa memoria, a me la fiera Principessa Maria fora nemica, E certamente (al sol pensarlo tremo) — IO! —