L’IMPERATRICE DEI BALCANI CAP. VASO A che giovafra noi far^di parole Udire il suono, e indovinar chi fia Il più forte doman? Nessun si fidi Del battagliero dio, che per la strage Sempre bendato si raggira, e a nullo, Benché prode, perdona. Ognun rammenti Che i nostri condottier furo ai soldati Esempio e guida, e che le loro spade Brillano al par dei jattagani al sole. Dunque all’opra, o fratelli, e si combatta Senza riserbo della vita, e in guisa Che lieta e bella all’armi nostre all’alba Del dì novello la vittoria arrida, Per indi coronar di meritata Gloria noi stessi ed il supremo duce. GIORGIO Così piaccia all’Eterno! Ed ora, o prodi, Ad occupar, senza ritardo, tutti Movete i posti designati, (escono i capitani baciando la mano a Giorgio). PERUNO E noi Che far, prence, dobbiam ? GIORGIO Condotta a fine La difficile parte, il meno or resta, — l82 —