L’IMPERATRICE DEI BALCANI Ma, ecco, un gruppo venir di cavalieri Da Ponàro, e sebben la mia visiva Virtù fin là giunger non può, dall’oro Che negli scudi lor sfavilla al sole Nobili gli direi. STANKO Sta bene. Appresta A ciaschedun, come si addice, un seggio. Entro li guida e veglia che dai servi Quanto fa duopo ai corridor si appronti, (a Marta) E tu, vergine cara, a questa mia Del cor diletta con pietà soccorri ; E risensata che sarà m’aspetti Sotto la tenda, ove farò ritorno Come mi fia d’accomiatar concesso Della gente venuta alla mia tenda. (Uglescia mette tutto in ordine. Stanko esce dalla tenda e guarda verso Zabliaco) STANKO E di nozze il corteo, che da Zabliaco Forse qui viene per la mia Danizza? Forse è Giorgio che incontro alla gentile Muove cognata a festeggiarla? Ahi! temo Che i delicati fior della ghirlanda, Onde la fronte giovami si abbella, Per la vergine mia sovra lo stelo Chinano ornai languidamente il capo, (entra nella tenda, guarda Danizza, poi da un baule leva un fazzoletto). — 108 —