L’IMPERATRICE DEI BALCANI MARTA Ohimè, Danizza, Nella lotta è mio padre, il mio diletto, E tre fratelli giovinetti ancora, Che lor tennero dietro, (piange). DANIZZA E perciò piangi ? Non è permesso funestar col pianto Un sì splendido dì. Gioir tu devi, Che immenso bene il tuo bel cuore ottenne, Tanti prodi lanciando alla difesa Del patrio nido. MARTA Un senso di paura M’assale nel mirar prostesi al suolo Estinti corpi mutilati, e temo S’esacerbi di più, causa il disagio. Che duri, ohimè, la tua ferita. DANIZZA Ed io Dimenticato avea d’esser ferita, (leva la fasciatura) Ma come il cuor, l’aperta piaga anch’essa Guardi il sereno, e de’ miei Serbi al duolo Il mio pure si unisca. Oh, guarda, come Di sciabole contorte e infrante lance Seppe coprir l’alto valor de’ nostri Falchi animosi il sottoposto piano. — IQO —