LA CITTÀ EROICA 91 ciascuno dei quali è custodito e studiato con riverenza gelosa. I palazzi: il Comunale, il Generalizio, quello dell’Armamento, quello del Capitan Grande, la Gran Guardia; e le dimore, un tempo fastose, delle casate patrizie: tutta l’eleganza e l’originalità dell’architettura veneziana, le snelle ogive, le grondaie a teste di draghi, le scalee esterne, i cortili a loggie con i puteali al centro, le frondose inferriate; e tutti gli avanzi dell’opulenza che fu, dalle biblioteche che vantano incunabuli, alle quadrerie che custodiscono tele car-paccesche e tizianesche, agli stipi che difendono dalle rapaci indagini degli antiquari qualche superstite miracolo degli orafi, dei drappieri, dei vetrai dell’antica Dominante, reliquia malinconica dei dispersi patrimoni aristocratici. Zara ama e venera tutte queste cose, che le compongono la sua vera figura nobilmente e pensosamente italiana, come ama e venera oltre ogni dire la cerchia di mura bastionate, capolavoro della ingegneria militare nostra, di che il Sammicheli la avvolse, ponendo fermaglio ricchissimo a cosi fulgente cintura l’aurea Porta di Terraferma. In questo arco divino si esprime quanta forza di impero fu nell’artiglio del Leone, il genio guerriero e marinaro di Pietro Orseolo II e di Enrico Dandolo conquistatori, e la sapienza tradizionale delle lunghe generazioni di politici e giuristi anonimi che, per un millennio, imposero a terre e mari un governo giusto e imprese grandi: regimen clarum magnaque facta. * * * Dai bastioni alberati si scorge, verso ponente, la cortina ondulata dell’isola di Ugliano, interminabile siepe all’orizzonte: qualche profilo più chiaro svetta al di là. Lo spettacolo è bello, ma sopra tutto dà a pensare. Davanti a Zara,