104 LA RINUNZIA DI RAPALLO lingua e della loro cultura, surrogate nell’insegnamento e negli uffici dall’improvvisazione glottologica e letteraria di un’accademia di intellettuali balcanici. Ebbene, una siffatta opera semisecolare di artificio e di coercizione si è dimostrata vana. È bastata non dico la liberazione, chè di questa ancora non si può parlare, ma la cessazione del martirio, perchè l’italianità dalmatica risorgesse più potente, più viva che mai. L’inquinamento austroslavo potè conseguire risultati apprezzabili sulla piccola e media borghesia politicante e opportunista della città, ma non seppe togliere alla parte più colta e moralmente più elevata della popolazione l’orgoglio di essere e la volontà di conservarsi italiana; e neppure tentò di dare una coscienza nazionale slava alle plebi rurali che in Dalmazia per la loro selvatica ignoranza non hanno nè ebbero mai, come dicevo, una coscienza nazionale di qualsiasi specie. Vediamo qual è la situazione di oggi. Convien premettere che in tutta la Dalmazia da noi occupata, nonostante il notorio assottigliamento delle truppe d’occupazione, si nota un ordine perfetto. Anche nei punti presidiati da reparti minimi o semplicemente vigilati dai carabinieri è sempre regnata un’assoluta tranquillità: a nulla sono valse le insidiose manovre dei propagandisti jugoslavi e la continua affluenza di denaro d’oltre la linea d’armistizio. La politica equa, saggia e insieme risoluta di Enrico Millo ha sventato tutti i colpi mancini. Alcuni inviti a dimorare in questa o in quella delle più amene isole dell’arcipelago sono stati bastevoli a tener in rispetto l’ostilità sorda ma prudente dei pochi nuclei decisamente avversi all’Italia. Oggi un computo approssimativo, ma condotto su dati abbastanza precisi con criteri di assoluta sincerità, suddivide