LA RIVALE DI VENEZIA 13 pensiero d’Italia, è divenuta niente meno che il focolare della letteratura serba. Essa aveva un patrimonio di autentica civiltà, una finezza di formazione intellettuale, da porre al servigio dell’improvvisata creazione di una cultura nazionale jugoslava. Al tempo della mobilitazione per l’annessione della Bosnia, qui si parteggiava non troppo segretamente per Belgrado; il che spiega abbastanza come, effettuata l’annessione, l’autorità militare austriaca deliberasse di trasferire da Zara a Ragusa il comando del XVI corpo d’armata; e il trasferimento, che la doviziosa Ragusa certo non desiderava, si compie per l’appunto in questi giorni. Ma non per ciò si placherà l’avversione tenace all’Austria, e sopra tutto al suo esercito. — Quei soldatacci ci rovineranno i nostri bei monumenti — mi ha detto un signore raguseo, scrollando il capo. — Avremo almeno il vantaggio che gli ufficiali, essendo più numerosi, vivranno fra di loro e non verranno più a importunarci nelle nostre conversazioni — osservava un altro, più ottimista. Infatti la condizione degli ufficiali austriaci non è più invidiabile, qui, che non a Zara o a Trieste. Basta che una signora o una signorina balli con uno di essi, perchè sia immediatamente boicottata. È recente il caso, che dieci persone mi hanno con molta compiacenza raccontato, di tre ragazze di buona famiglia, piacenti e ben provviste, le quali dopo aver concesso alcuni giri di valzer a un tenentino sono state costrette a lasciare Ragusa per non perdere definitivamente la speranza d’un marito. Le tendenze eterodosse sono così forti, che nel violento contrasto delle varie correnti politiche il governo deve ap-