54 RICOGNIZIONE DELL’ALTRA SPONDA La Dalmazia non ebbe relazioni commerciali se non con Trieste e Fiume. L’Italia non le mandava che bragozzi chioggiotti e paranze pugliesi, a portar pesce e frutta. Da alcuni anni qualche linea regolare, coi piccoli piroscafi della « Puglia » e della « Veneziana », è stata attivata. Ma la Dalmazia soffoca pur sempre nel suo abbandono, rannicchiata com’è fra le montagne e l’Adriatico non più fatto pacifico e sicuro da un unico dominio. Così questa povera provincia soffre oggi per un discreto numero di crisi, che le autorità di Vienna riescono perfettamente ad ignorare: la crisi ferroviaria e la crisi vinicola, prima di tutto; poi quella della pesca, quella della produzione del cemento, quella delle società di navigazione... Che importa? Fra i diritti riconosciuti alla maggioranza slava c’è la libertà, quotidianamente esercitata, di vessare con ogni sorta di iniquità gli Italiani; e sembra compenso sufficiente alle odierne miserie, e al governo centrale non costa un centesimo. * * * Ma ciò che mostra con la più istruttiva evidenza fino a qual punto l’Austria si infischi della Dalmazia è, dicevo, l’incredibile stato di negligenza a cui essa ne condanna i monumenti. Non bisogna dimenticare che nella Monarchia le terre italiane possiedono le bellezze artistiche e le memorie storiche più notevoli. Orbene, a Trieste, a Trento, nel-l’Istria, molto fanno i municipi e i privati; ma in Dalmazia, ove la ristrettezza delle risorse locali rimetterebbe allo Stato l’obbligo di curare la conservazione e il ripristinamento delle moli insigni che Roma e Venezia vi lasciarono, e ove il dolce clima e la selvaggia originalità del paesaggio rende-