176 NOTE vedere sul posto con gli occhi della imaginazione, una turlupinatura crudele, potuta credere possibile dai cosi detti esperti americani ignoranti di tutto, potuta forse anche essere accettata dalla Jugoslavia che ne intende l’assurdità, ma che non può assolutamente essere accettata e tanto meno proposta da italiani, i quali avevano il dovere di sapere almeno che i confini, già una volta indicati nelle trattative internazionali, lasciavano fuori lo stesso cimitero della città! Di Zara città libera e di garanzie per i nuclei italiani non si può nè si deve parlare, quando specialmente si consideri quale condizione la violenza jugoslava abbia fatto, senza averne ancora alcun potere e diritto, alla città di Spalato e alle « minoranze italiane » delle altre città dalmate, dove, per esempio a Ragusa, con le sole facoltà derivanti dall’armistizio stipulato àaW'Armée d’Orient la Serbia ha creduto di compiere arbitrariamente il massimo atto di sovranità, cioè la leva. Nè può anche parlarsi di salvare i distretti di Zara e Sebenico, poiché con questa ancor vaga designazione, con la quale si crede di rispondere insieme a necessità di difesa nazionale e strategica, si dimostra ancora una volta la ignoranza dei luoghi, non potendosi concepire possibile una vita della Dalmazia costiera non appoggiata ai distretti interni che la alimentano, nè una vita dei distretti separata dalla costa che è la sola via di comunicazione per essi. Nessun motivo poi giustificherebbe la rinuncia, da una parte, ad una linea di confine cosi nettamente definita come quella delle Alpi Bebie (Velebit) e del Diñara (se pure oltre questo la linea di armistizio abbia una andatura poco logica ma certamente correggibile) ; dall’altra, per tenerci ad una indicazione succinta, ai mirabili puri centri di italianità superstiti nel gruppo delle Isole Curzolane, le quali, come è noto e come è straordinariamente persuasivo dopo una semplice visita, costituiscono un antemurale di primissimo ordine. Quando si sia tutta percorsa la Dalmazia è semplicemente umiliante pensare che, con la considerazione delle deficienze della linea fissata nel Patto di Londra, deficienze senza dubbio innegabili, invece di formare il proposito di correggere queste, si sia voluto e si voglia ancora in queste ricercare il motivo di successive rinuncie, illogiche, irrealizzabili, tali da aggravare le condizioni del nostro possesso. Noi crediamo anche che quanto abbiamo veduto e indagato qui nella Dalmazia liberata e appreso sulle condizioni di quella occupata dalla Jugoslavia, dia poi maggiore fondatezza a quella considerazione, ormai evidente, che, cioè, le rinuncie indicate nelle varie soluzioni di compromesso, oltre che irrealizzabili e dannose, sarebbero assoluta-mente inutili per lo scopo che si dice di voler raggiungere: le buone relazioni con la Jugoslavia. La Jugoslavia è ancora una indicazione geografica, non quella di uno Stato a politica unitaria e definita, e nostre