ITALIANI DISERTORI E PATRIOTI SLAVI 25 parole italiane, che sempre più diminuiscono. Questo regresso risulta nella forma più curiosa ed evidente dal confronto di due bei lavori drammatici di quelFIvo Voinovic, nato a Ragusa di padre erzegovese e di madre italiana, il quale è oggi certamente il più famoso e il migliore degli scrittori serbi, e la cui opera riflette visibilmente una profonda influenza deH’odierna letteratura italiana, e sopra tutto di Gabriele d’Annunzio. In « Allons enfants! », ov’è così potentemente rievocato il tramonto della repubblica ragusea, ricorrono frequentissime intere battute italiane; Ekvinocijo (« Equinozio »), dramma di moderni costumi marinareschi, è scritto in un serbo assai più compatto. * * * Nell’ultimo secolo, infatti, la « Narod », ridesta a una vita che pareva estinta con l’impero di Duscian il Grande, dovendo improvvisare per la sua risurrezione tutti gli strumenti della civiltà, ha atteso anche a fabbricarsi pazientemente una propria lingua letteraria. Vuk Stephanovic fu il primo grammatico patriota, il filologo e lessicografo nazionalista che dai dialetti dell’Erzegovina, del Montenegro, del Sirmio, trasse la greggia e dispersa materia onde doveva foggiarsi il nuovo unitario idioma. Fino allora la tradizione poetica dei Vetrani, dei Gondola e dei Palmotta non era uscita di Ragusa, e in tutte le selvagge terre della Slavia del sud, dai miseri villaggi carsici del Velebit alle « plemena » bulgare del Rilo-Dagh, non fioriva che l’ingenua lassa della canzone di gesta, monotona e rozza, ripetuta di taverna in taverna dal « guzlar » vagabondo. Allora, per tutte le relazioni ufficiose e sociali, per ogni assimilazione anche minima di cultura, era necessario l’uso,